Favole e lumi

Oggi mi è arrivato il libro delle favole che ho comprato su Ebay. E’ l’Enciclopedia della Fiaba, curata da Fernando Palazzo, editrice Principato.
La copia del 1948, che da bambina ho letto e riletto e che apparteneva a mia madre, fu prestata a mia cugina, e non è mai tornata indietro, persa in chissà quale cantina. L’edizione che ho trovato su Ebay è del 1965, ma non importa.
Importa che ora lo posso sfogliare di nuovo, cosa che non si può dire de La mano schiaffona, di Giancarlo Buonfino, anche quello prestato e perso. E chissà se ne troverò mai una copia. Era un libro, per così dire, un po’ di parte 😉

Tralascio ovvii discorsi su quanto è importante leggere le favole e non solo da bambini, come diceva sempre la mia prof. di filosofia [la quale diceva anche che bisognava sempre tenere una copia dell’Ulisse di Joyce sul comodino!].
Tralascio anche il discorso su prestare o non prestare i libri. Tanto io li presto a persone di cui mi fido, e poi … ma mica sempre, a volte ritornano!
Tralascio la descrizione di questo splendido libro con più di seicento favole, e anche la descrizione de La mano schiaffona [ma qualcun altro lo ha mai letto?] e dei pugni chiusi rossi di rabbia.

Tralascio tutto questo, per riportare invece una favoletta che ho trovato sfogliando l’Enciclopedia della fiaba oggi mentre pranzavo. Se le favole sugli animali nascondono sempre un insegnamento o uno stato d’animo, allora questa è quella che mi ci vuole in questo periodo o che mi rappresenta meglio. Come dire, se fossi una favola oggi sarei…

La scimmia e il cane

Una vecchia scimmia ed un giovine cane, amicissimi, vegliavano una notte, nella medesima stanza al lume di una lampada. A un certo punto la scimmia si ricordo’ che doveva andare per certi fatti suoi. Con tutta cortesia disse al cane:
– Amico mio, ora io devo allontanarmi per un poco. Ma poi ritornerò. Tu aspettamami. Intanto, se permetti, prendo questo lume.
– Va pure – disse il cane – ti aspetterò. Ma il lume, no, non portarlo via. A me non garba punto di rimanere qua tutto solo al buio.
– Oh, – rispose la scimmia – ma io non ti lascio al buio! Guarda – e gli additò un grande specchio alla parete. – Non vedi che i lumi sono due? Questo e quello. Io ne prendo uno, ma ti lascio l’altro. Anzi, perché non ci sia mai motivo di discussione tra di noi, faremo così: d’ora innanzi questa lampada apparterrà a me e quella sarà tua.
Il cane vedeva il bel lume risplendere nella specchiera: era giovine e non sapeva distinguere l’apparenza dalla realtà. Acconsentì. La vecchia scimmia si prese la lucerna, salutò l’amico e se ne andò lasciandolo al buio.

Manca poco all’alba

Ci sono tanti modi di fare l’alba. Lavorando. Giocando a poker. Ballando. Facendo sesso. Viaggiando da Palermo a Milano. Tubando. Andando venti volte al cesso. Vedendo quattro film. Rigirandosi nel letto. Parlando con gli amici. …

E ancora. Ubriachi a ridere sul cofano di una macchina. Dentro la suddetta macchina ad ascoltare musica e saltare. Facendo il turno in ospedale, ahi. O al casello autostradale, e gli altri se vanno chissà dove. Agitandosi col sorriso ebete di una pasticca, mah. Passeggiando per la città bagnata mentre gli spazzini ci pestano i piedi, e non c’è niente da ridere. Intorno al fuoco a raccontarsi storie di paura, perché non hai di meglio da fare. O in mezzo al mare in calma piatta, e anche qui, cosa hai di meglio da fare? O ancora a 3000 metri per vedere il sole tra la neve, quello si che è uno spettacolo. Raccogliendo ricordi al capezzale di qualcuno che muore, tanto per metterci pure un alba di dolore. A custodire un palazzo in cui tutti dormono, e per fortuna c’è Internet. Leggendo un libro che davvero non si riesce a smettere, maledetti libri.

Io invece oggi ho fatto l’alba scrivendo. Ah, mi ci voleva proprio 😉

Un etto di musica

Ieri sera sono stata a un concerto. Non importa, di chi fosse il concerto. Un concerto, uno qualsiasi, di una musica qualsiasi. Una bella musica, un bel concerto.

Provate a immaginare un concerto di una musica che vi piace, che vi entra dentro, che vi fa ballare, cantare, saltare.

Provate a immaginare un concerto in cui vi succede che lo stress del lavoro improvvisamente si trasforma nella batteria che da ritmo alla vostra giornata, e le pretese dei clienti diventano vignette di Bucchi, e tutti gli acciacchi fisici che vi trascinate dietro da mesi finiscono sotto le scarpe [e voi avete pure gli anfibi con la suola spessa!].

Provate a immaginare un concerto in cui man mano che la musica cresce, voi sentite, senza neanche pensarci, che chi ha scelto di non restarvi accanto, farà la sua strada altrove, e chi non vuole neanche provarci… bè, peggio per lui, non sa cosa si perde!

Provate a immaginare un concerto in cui una volta tanto chissefrega degli altri, e, diamine! vi sentite così bene, ma così bene, che FranK Capra aveva capito tutto, e la sinistra al governo presto comincerà a capire qualcosa, e voi fino adesso a prendervela così non avete capito niente!
Eddai, lo so, sto esagerando. Ma che importa? Il concerto è finito. Frank Capra fa dei film buonisti, ma per il resto meravigliosi, la sinistra non capirà mai, ma la piazza sa come farsi sentire [più o meno…], e voi qualcosa avete capito, e per capire il resto avete ancora tempo 😉

E oggi piove, qui a Roma, ma io mi porto dentro un pezzo di musica, e un etto di ottimismo in più. E visto che nonostante il mio innato buonumore, di ottimismo ne perdo a kili nel guazzabuglio della quotidianeità, anche un etto diventa una quantità di tutto rispetto.

Per cui se ieri trascinavo i miei anfibi a fatica tra le pozzanghere, ora zompetto allegramente tra una e l’altra, giocando a tratti con la fanghiglia, e cammino più veloce. Cosa non ti fa un etto di musica!

Pensieri in forma di Twitter

Sarà la stanchezza, sarà lo stress, sarà lo switchare da un progetto all’altro, sarà la schizofrenia emotiva che mi fa passare da un’allegra frenesia a una tediosa malinconia, ma in questi ultimi giorni mi capita di ritrovarmi a pensare pensieri di 140 caratteri 😉

Manco fossero haiku. Me ne vengono tanti, di tutti i tipi. E mi sto accorgendo che non riesco più a formulare discorsi complessi, perché mi sembra che ogni ragionamento sia sintetizzabile a 140 caratteri 😉

E’ grave?

Confido solo nel fatto di sapermi facilmente permeabile a ciò che di volta in volta leggo e vivo, come quando sto in Puglia per un periodo di tempo circondata dai miei amici di lì e non riesco a non intercalare sempre un ‘madooo…’ in ogni mia frase.

O come quando devo scrivere per lavoro dei testi sarcastici, e mi ritrovo a regalare a chiunque mi circonda battute taglienti, magari immeritate, o magari si.

Di solito dura poco. Confido in questo. E’ una specie di assimilazione temporanea, necessaria alla comprensione, razionale ed emotiva. Poi passa.
Almeno spero, altrimenti Twitter ha fatto più danni di quanto avrebbe immaginato 😉

RItaliaCamp

Sto soccombendo sotto sette lavori. Sembra uno scioglilingua ma è la cruda realtà. Il mio disturbo acuto da stress psico-fisico, diagnosticato una settima fa dopo cinque mesi di agonie mediche, non mi dà tregua, ma lo ucciderò, prima o poi.

Nel frattempo aggiornare il blog è diventata un’impresa. E ho capito che devo cambiare atteggiamento. Penso troppo [e lavoro troppo]. Scrivo Poco [se non per lavoro]. Farò diversamente.

Per cui, prima che sia troppo tardi, segnalo il RItaliaCamp, iniziativa della rete per progettare un portale turistico sull’Italia che sia davvero accessibile e usabile, tecnologicamente avanzato e più significativo nei contenuti di quello scandalo che è attualmente Italia.it.

Creative Commons

Ho appena messo tutto Fraktalia sotto Licenza Creative Commons, la licenza, o meglio le licenze, per i contenuti in forma di testo, video o immagini. Le CC si basano sul principio per cui i diritti rimangono all’autore, ma l’utilizzo delle opere è concesso a chiunque, basta che ne rispetti alcune condizioni. Queste condizioni sono in totale sintonia con i principi che regolano il copyleft del software libero, da cui è nata anche la licenza GNU/GPL, sempre per opera del mitico quanto bizzarro Richard Stallman.

In Italia è attiva una sezione del progetto International Commons, guidata dal gentilissimo Prof. Juan Carlos De Martin e un gruppo di lavoro giuridico. Il sito di riferimento è Creative Commons Italia.

Per mettere Fraktalia sotto CC il percorso è stato facile. Niente plugin, pur se ne esistono tanti. Basta andare su sito Creative Commons, rispondere ad alcune domande per definire il tipo di licenza, e si ottiene un codice, completo di link al logo delle CC, da inserire nel footer del proprio blog o dovunque altro lo si voglia mettere.

Le domande cui si deve rispondere servono a definire i permessi d’uso dei propri materiali e stabilirne dei limiti, come per esempio l’utilizzo a fini commerciali o la possibilità di modificare il materiale.

Io ho scelto di concedere l’utilizzo commerciale dei contenuti di fraktalia solo con il mio permesso, e di consentirne la copia e la distribuzione solo se sotto la medesima licenza CC.

Perché Blog

Per come mi conosco, è normale. Prima di fare qualcosa, ci penso e ci ripenso. E ci penso.
I blog stile diario continuano a non piacermi. Anche se, amando molto ‘La finestra sul cortile’, e avendo passato l’adolescenza seduta sul tavolino sotto la finestra a spiare nelle vite altrui, con un bicchiere di porto in mano e un quaderno e una penna nell’altra, dovrei stare zitta e non lanciare la prima pietra.

Il fatto è che dei blog diaristici non comprendo la spinta, la volontà, l’esigenza. Ho sempre raccontato agli amici [uff, questa lingua italiana, non ho voglia di mettere asterischi in ogni dove per indicare il ‘genere’…] o al mio compagno, ex [ahi!], le cose che mi passavano per la testa, o cosa avevo fatto il giorno prima. Per cui, perchè raccontarlo anche a chiunque passi sul mio blog? E infatti non lo racconterò.

Apprezzo molto, però, i blog tematici, o che forniscono informazioni utili, o spunti per riflettere, o stimolano connessioni e collegamenti. Anzi, li leggo ormai quotidianamente. Ho parecchi feeds nel mio google reader… quasi tutti di persone che scrivono di argomenti che interessano anche me, web 2.0, IA, Net TV, UGC, ecc. Quando avrò strutturato bene fraktalia, li condividerò.
E nei blog ‘tematici’, non mi dispiace trovare qua e là qualche post ‘personale’, uno sguardo dentro di sé o fuori da ogni tipo di schermo. Avvicina a chi scrive.
Per cui, lungi da me dire perch* si scrive un blog. Provo a dire perché io sto provando a farlo.

Per condividere le mie scoperte e le mie riflessioni su temi che mi interessano.

Per raccontare qualcosa di me che magari a volte mi sfugge o temo mi sfugga.

Per comunicare scrivendo pensieri che a volte in questo periodo non ho voglia di dire. Forse.

Altri motivi li capirò, appunto, scrivendo.

Ci provo

In realtà ancora no. Per ora sto tra un progetto e l’altro, tra visite mediche e analgesici, tra emergenze dell’ultim’ora e amici che reclamo giustamente la mia attenzione, tra tesi da seguire e idee da tirar fuori in mezza giornata, tra feeds da leggere che si accumulano e twitterate al volo per dar segni di vita, tra conti da sistemare e riunioni varie. Sto. Tra un pensiero e l’altro su questo mio nuovo stato indefinibile o che non voglio definire.
Oggi è il primo giorno che riesco a mettere le mani su fraktalia, e, ovviamente, la prima cosa da fare è organizzarlo.

Metto un po’ a frutto le conoscenze del codice imparate per la tesi e portate avanti per anni, prima di decidere che no, il codice non fa per me, mi diverte al momento ma a lungo andare mi lascia fredda. Altro è classificare informazioni, mediare con le aspettative assurde dei clienti, tirar fuori idee per far interagire utenti che forse vogliono andare oltre il semplice guardare un video in rete. Altro è inventarsi una storia osservando il mondo con gli occhi di un altro, o vedere i dialoghi immaginati e scritti sulla carta diventare voce e corpo.

Per cui ecco, oggi ho rimesso mano al codice. E quanto mi sono gratificata, a vedere che ancora qualcosa ne tiro fuori, ancora mi muovo, ancora riesco a ottenere quello che voglio. La verità, è che per ora voglio poco. Solo sistemare come dico io i badge nel php! Roba da niente, per chi scrive codice.

La parte più difficile è capire dove mettere fraktalia, e dove aprire il blog di fraktal.

Intanto scrivo qui. E ragiono sul perché voglio aprire un blog proprio ora, che parlare mi viene così difficile. Sarà perché invece scrivere mi viene così facile?

Anno nuovo

… vita nuova. Si dice. Ora non esageriamo.

Sto solo pensando ai cambiamenti. Mi piacciono, anzi, li cerco, ma a volte li temo. Temerli mi da carica.

Riguardo a fraktalia, sto sentendo il bisogno di modificarne la struttura. O meglio, di aggiungere alcuni tasselli, di cui prima non sentivo l’esigenza. Ho deciso di provare ad aggiungere una parte più ‘blog’. In cui scrivere non di personaggi e storie inventati, ma di me, di eventi o riflessioni legati al mio lavoro [architettura delle informazioni, creazione e progettazione di social network, format di crossing media, insegnamento], o di pensieri stimolati da quello che leggo, ascolto, vivo.

Fraktalia rimarrà, per ospitare i miei ‘divertissements’ letterari e cinematografici, e non solo.

Lilli e la caccia ai granchi!

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