Mia mamma è morta di tumore al pancreas poco meno di due anni fa. Grazie a lei, tante cose della mia vita.
Ma grazie a lei, anche la vita della malattia, quella malattia che ti fa vedere chi ami perdere peso fino a diventare solo ossa e puzzo e pelle rugosa, quella malattia che ti toglie ogni idea di controllo, quella malattia che dura, dura, ed è dura in tutti i sensi, e sai fin da subito che finirà solo in un modo. E ho imparato, ancora una volta, ma di più, la sofferenza.
Grazie a lei ho visto la vita della morte, l’attimo in cui l’essere respira, e poi non più. E ti chiedi dove va il respiro. E quella domanda, a cui non credi ti interessi dare risposta, ritorna ogni volta che sei costretto, volente o nolente, ad assistere a quel breve istante di vita della morte. Tre volte in due anni, mi è toccato. E volendo, potrei dire di avere capito che quel respiro va a unirsi all’aria che respiri.
Grazie a lei ho imparato che anche se non riesci più a sorridere guardando un gabbiano frugare nell’immondizia, o alzando gli occhi alle nuvole, o sentendoti parte di una natura che vive nonostante noi, ecco, sta sicuro che prima o poi tornerai a farlo. Tornerai a sorridere. Grazie anche a lei, ancora una volta ho imparato a essere montagna.
In questi giorni di pandemia, alcuni devono combattere la paura e il dolore della malattia, altri l’ingiustizia di aver perso i mezzi per sopravvivere, altri ancora la noia, male pericoloso, o, peggio, la solitudine. Io sono fortunata, perché ho solo tanto, tanto da fare.
Solo che poi ci sono dei giorni che ti svegli la mattina e sai che arrivare a sera sarà faticoso. Faticoso perché fuori c’è dolore, ingiustizia, noia, solitudine. Faticoso perché dentro non hai tempo di guardare un gabbiano, sognare le nuvole, immaginare la natura che va avanti. Non hai tempo di sorridere.
Ma alla fine, ovviamente, a sera ci arrivi. E’ il momento, finalmente, di andare a dormire.
Mi sono fermata solo un attimo per ricordarti quello che ho imparato, tra le altre cose, dalla malattia e dalla morte di mia madre: non aver paure di comprendere la sofferenza; il respiro di chi se ne va confluisce nel tuo; ci sarà sempre un tempo in cui tornerai a sorridere. E buonanotte.