Mestruazioni, non ne farei a meno

In ritardo. Come al solito in ritardo. L’idea era di ieri, e io ci scrivo un post oggi. Ma sai com’è, in questi giorni mi stanno arrivando le mestruazioni, e il mio umore è labile. Quindi ci ho messo un po’ di tempo a decidere se scrivere o non scrivere questo post 😉

Perché, pensavo, in fondo ho sempre vissuto in ambienti dove si diceva senza remore: oh, eddai, lo sai che sto così, mi stanno per arrivare le mestruazioni. Oppure: aspe’ che mi vado a cambiare l’assorbente. O ancora: devo prendere l’analgesico che c’ho il mal di pancia da mestruo, un’ora e poi passa. Insomma, mai vissute le mestruazioni come qualcosa di cui non si deve dire, come le innominabili me strua zio ni.

Eppure, ricordo una volta al liceo, due mie compagne di classe dovevano passare un fine settimana con alcuni loro amici fuori Roma, ed erano parecchio agitate, perché entrambe avevano le mestruazioni. Ricordo ancora la loro gioia al ritorno, nel dire: è andato tutto bene, non se n’è accorto nessuno.
E ricordo però anche la madre di una delle mie migliori amiche, una femminista storica parecchio convinta [la madre, non la mia amica], che quando un maschio si provava a dirle dietro per strada: ciao bella, ci vieni con me? rispondeva: eh, se te piace ar sugo!
Adesso, tra il nasconderle e il farne uno sfoggio un po’ sguaiato ce ne passa parecchio… ma quest’idea di scriverne un post è divertente, e forse può essere anche utile.

Magari potrebbe aiutare qualcuno a capire che se ogni tanto tendo al drammatico, e sembro più litigiosa del solito, e divento ipersensibile, basta dare un’occhiata al calendario, e voilà, tutto è più chiaro: mi stanno per arrivare le mestruazioni. Eh, tanto per capirci, mi sono arrivate proprio oggi 😉

Già, i giorni difficili non sono durante, ma prima. Durante per me è solo questione di analgesici e assorbenti, interni, per favore, assolutamente interni. Prima, invece, è un disastro. Seno gonfio, mal di testa, desiderio animale, fame incontenibile, malumori, crisi di senso, melodrammi in agguato, nervosismo latente.

Detto ciò, non ne farei a meno per niente al mondo. Per niente al mondo mi farei sottrarre questa marea di emotività galoppante, né gli istinti animali, né la magnifica sensazione di benessere quando il flusso si fa vivo e si ricomincia a contare [sul sito delle mie amiche di A/matrix c’è un bell’articolo, che gira anche altrove in rete, di Monica Lanfranco sulla pillola contro le mestruazioni]

Occhio, però, se quando mi vedi di umore labile, controlli il calendario e non è periodo di mestruazioni imminenti, allora vuol dire che sono incazzata davvero e di brutto 😉

Non tacere, o vai di conversazioni dal basso

Quasi due anni fa il mio amico Fabio mi raccontava di aver conosciuto un uomo straordinario. E dato che lui, il mio amico Fabio, proprio non riesce a trattenersi dal fare un documentario su ciò che davvero gli sta a cuore, nonostante la sua professione sia tutta un’altra, ovviamente ci ha fatto un documentario. Questo:

“Non Tacere” Don Roberto Sardelli e la scuola 725 – regia di Fabio Grimaldi, produzione Blue FIlm.

non tacereUn documentario su Don Roberto Sardelli e sulla scuola 725. Attenzione, però, non è solo un documentario storico, non racconta solo come Don Roberto creò la scuola 725 nel ’68 tra i baraccati dell’Acquedotto Felice e di come questa scuole divenne un laboratorio sperimentale di vita, di cultura e di lotta per la dignità e i diritti. Racconta anche il Don Roberto di oggi, le sue continue battaglie, l’incontro con gli ex allievi della scuola e la lettera al sindaco contro i mali di Roma e del mondo.

Se volete saperne di più, non vi resta che vedere il documentario, presentato sabato 13 ottobre alle ore 17.00/20.30 presso la casa del Cinema – L.go Mastroianni 1 (Villa Borghese).

Se invece sabato 13 e domenica 14 avete altro da fare, o andate a seguire il Festival dei Blog in quel di Urbino, partecipando al Blog Award e alla “Treasure Hunt Wireless Game“, allora date un’occhiata al sito www.nontacere.org, non è la stessa cosa che vedere il documentario, ma dice tanto ugualmente ed è ricco di documenti interessanti. Magari poi viene voglia anche a voi, di non tacere!

LitCamp alle porte

Mancano due giorni al LitCamp, che si svolgerà a Torino il 12 maggio. Adesso non mi ci provo neanche a spiegare cos’è, vista la fatica che ho fatto per farlo capire ad alcuni amici e anche ai miei genitori, che comunque alla fine sono svegli e hanno capito. Per chi non lo sa, sappia solo che è una giornata di chiacchiere aperte e partecipate e di incontri e confronti, e se vuole approfondire trova delle belle spiegazioni su barcamp.org.
Nel caso del LitCamp, il barcamp è a tema, e il tema è la letteratura in rete, nel senso di scrittura, lettura, editoria, giornalismo.

E dunque, per una come me che da anni c’ha la fissa della scrittura creativa e collaborativa in rete, e che tartassa i suoi studenti facendogli inventare ipertesti narrativi, e che, oltretutto, ci si è pure laureata, in una cosa che si chiama ‘informatica umanistica’… era impensabile non andare al LitCamp.

Per non parlare [e infatti non so se ne parlerò, ‘che sono pure timida…] della nostra ‘metropolitana che scrive’, www.soultube.org, progetto cross media immaginato e sviluppato insieme ad altri tre amici e messo sul web in quattro lingue, e di cui esiste pure, su carta, per ora, un format televisivo e un gioco ‘letterario’ per telefonia mobile.

Per cui, ovvio, domani parto per Torino, con la fida amica di Feramenta, anche lei con i miei stessi interessi e la mia stessa strana laurea, e vado a partecipare [si, perchè timida sono timida, ma ascolto e parlo pure una cifra…] a discussioni che già dal post al posto dei post-it mi sembrano interessantissime. Le trovate sul blog del LitCamp.

E visto che ci sto, venerdì faccio un salto alla Fiera del Libro, e saluto qualche amico torinese che non vedo dai tempi dell’Argentina. E magari al LitCamp riesco pure a conoscere di persona qualcheduno di quelli che scrivono i blog che leggo.

BlogLab e teste rotte

Venerdì sono stata alla presentazione del BlogLab a Scienze della Comunicazione a Roma. Interessantissima iniziativa, che vede coinvolte l’Università La Sapienza di Roma, l’Università di Firenze e l’Università di Urbino. Causa solite emergenze lavorative, sono arrivata tardi, e non sono riuscita a sentire tutti i blogger presenti, [Antonio Sofi, Diego Bianchi, Mauro Lupi, Tony Siino, Alessio Jacona, Antonio Pavolini, Vito Antonio Bonardi, Federico Venturini e Francesco Biacca], ma ho visto molti di loro, capitanati da Stefano Epifani, passarsi il gelato [eddai, il microfono!] uno dopo l’altro e incantare una platea di studenti. E soprattutto ho visto gli studenti divertiti e attenti [succede, ma mica spesso!]. Giusto un po’ di timidezza, poche domande. Ma forse questo è uno dei mali della vecchia impostazione docente/studente, per cui c’è sempre quel minimo di soggezione che gli studenti si portano appresso, e che qualche professore scambia per rispetto per l’autorità. E ovviamente non era questo il caso, ma vaglielo tu a spiegare agli studenti?
[capita che te docente ti senti magari un po’ diverso o fai una qualche tipo di lezione non frontale e non monologante e ti trovi a dover faticare assai a far uscire qualche parola libera e disinvolta agli studenti ossequiosi].

Nel BlogLab, comunque, i blogger che seguiranno gli studenti sono definiti “fellow”, per indicare, e lo dice proprio Stefano in un suo post di presentazione “come non vi sia, nel rapporto tra blogger e studente, alcun ruolo di “dominanza””.
Il BlogLab infatti è un laboratorio in cui gli studenti si fanno il proprio blog, con il supporto del blogger “fellow”, e possono scegliere se fare un blog locale, raccontando un territorio, o un blog tematico, parlando di un tema da loro scelto. E non importa se non sono ferrati sull’argomento d’elezione, impareranno anche a cercare informazioni, elaborarle, farle proprie. Perché avere un blog è anche questo. E allora ben venga BlogLab, con cui l’università prova a svecchiarsi un po’, e forse ci può pure riuscire.

Forse. Prima di prendere per vere le mie stesse parole [ovviamente mi riferisco a: ‘e forse ci può pure riuscire’], devo fare una verifica. Devo vedere se riesco a portare il BlogLab nella mia facoltà. Tra quei professori che si fanno stampare le mail in segreteria per leggerle comodamente seduti nel loro studio, in cui magari troneggia un computer che soffre di inattività da quando è arrivato lì. In quella facoltà dove l’amatissimo Prof. Gigliozzi, che ancora ci manca, mise in piedi il CriLet per portare l’informatica umanistica in Italia, CriLet che, ora che lui non c’è più, è stato svuotato e trasformato in uno studio dove sì, certo, ci sono ancora una decina di computer e altri strani aggeggi, ma alcuni hanno la muffa, altri, pur se innocenti, sono stati condannati a essere solo macchine da scrivere [con tutto il rispetto per le macchine da scrivere dal ticchettio sublime].
In quella facoltà dove se chiedi cos’è un blog in aula con 250 studenti, meno di metà sa di cosa stai parlando. Mentre tra i docenti è del tutto inutile anche solo fare la domanda. Tanto la risposta è ovvia. In quella facoltà dove proporre qualcosa di diverso dal solito è impresa ardua, che comporta una scelta precisa: sbattere la testa su un muro di mah, per ora no, non rientra nell’offerta didattica, a che serve, ecc. ecc.

Comunque non mi fascio la testa prima che sia rotta. Preferisco provare a rompermela ancora per un po’. Qualche collega di facoltà già è interessato al BlogLab. Vuol dire che almeno la testa ce la romperemo insieme.

Blogosfera

Il punto è: io bloggo. Ma a chi? Nel senso, chi legge i miei post? Chi li commenta?

Lavoro sulla rete ormai da anni. Ho tutti amici che lavorano sulla rete. Soltanto alcuni di loro hanno un blog Gully, Lanfranco, Arturo. Che aggiornano raramente, e forse, soprattutto gli ultimi due, più che blog sono repository per i loro articoli, un po’ com’era per me fraktalia per i racconti e le sceneggiature.

Quello che ho capito è che affinché un blog abbia senso deve essere condiviso. Non è come un racconto, che ha senso anche se nessuno lo legge. Un blog ha bisogno di stare nella blogosfera. Per cui leggere i blog non basta, bisogna dialogare.

I commenti servono a questo. E io non ne lascio mai. Grosso difetto, che sto cercando di correggere. In fondo, di persona chiacchiero parecchio, e di mio, scrivo pure troppo. Quindi perché non commento i blog che leggo? Il fatto è che odio le chiacchiere a vuoto, e a volte i commenti che ho letto sono chiacchiere a vuoto. Però è anche vero che spesso chiacchierare a vuoto serve a conoscersi, o indica una curiosità reciproca, o una necessità di smorzare il tono, o connota un interesse comune. O molto altro. Soprattutto in rete, dove nei rapporti con gli altri ogni messaggio è più flebile e al tempo stesso più pregnante.
Vabbè, forse la mia è pigrizia, o forse è la mia antica timidezza che riemerge. Vedremo.

I commenti sono l’anima dei blog? Non lo so. Rigiro la domanda mentre continuo a indagare e riflettere.

Perché Blog

Per come mi conosco, è normale. Prima di fare qualcosa, ci penso e ci ripenso. E ci penso.
I blog stile diario continuano a non piacermi. Anche se, amando molto ‘La finestra sul cortile’, e avendo passato l’adolescenza seduta sul tavolino sotto la finestra a spiare nelle vite altrui, con un bicchiere di porto in mano e un quaderno e una penna nell’altra, dovrei stare zitta e non lanciare la prima pietra.

Il fatto è che dei blog diaristici non comprendo la spinta, la volontà, l’esigenza. Ho sempre raccontato agli amici [uff, questa lingua italiana, non ho voglia di mettere asterischi in ogni dove per indicare il ‘genere’…] o al mio compagno, ex [ahi!], le cose che mi passavano per la testa, o cosa avevo fatto il giorno prima. Per cui, perchè raccontarlo anche a chiunque passi sul mio blog? E infatti non lo racconterò.

Apprezzo molto, però, i blog tematici, o che forniscono informazioni utili, o spunti per riflettere, o stimolano connessioni e collegamenti. Anzi, li leggo ormai quotidianamente. Ho parecchi feeds nel mio google reader… quasi tutti di persone che scrivono di argomenti che interessano anche me, web 2.0, IA, Net TV, UGC, ecc. Quando avrò strutturato bene fraktalia, li condividerò.
E nei blog ‘tematici’, non mi dispiace trovare qua e là qualche post ‘personale’, uno sguardo dentro di sé o fuori da ogni tipo di schermo. Avvicina a chi scrive.
Per cui, lungi da me dire perch* si scrive un blog. Provo a dire perché io sto provando a farlo.

Per condividere le mie scoperte e le mie riflessioni su temi che mi interessano.

Per raccontare qualcosa di me che magari a volte mi sfugge o temo mi sfugga.

Per comunicare scrivendo pensieri che a volte in questo periodo non ho voglia di dire. Forse.

Altri motivi li capirò, appunto, scrivendo.

Ci provo

In realtà ancora no. Per ora sto tra un progetto e l’altro, tra visite mediche e analgesici, tra emergenze dell’ultim’ora e amici che reclamo giustamente la mia attenzione, tra tesi da seguire e idee da tirar fuori in mezza giornata, tra feeds da leggere che si accumulano e twitterate al volo per dar segni di vita, tra conti da sistemare e riunioni varie. Sto. Tra un pensiero e l’altro su questo mio nuovo stato indefinibile o che non voglio definire.
Oggi è il primo giorno che riesco a mettere le mani su fraktalia, e, ovviamente, la prima cosa da fare è organizzarlo.

Metto un po’ a frutto le conoscenze del codice imparate per la tesi e portate avanti per anni, prima di decidere che no, il codice non fa per me, mi diverte al momento ma a lungo andare mi lascia fredda. Altro è classificare informazioni, mediare con le aspettative assurde dei clienti, tirar fuori idee per far interagire utenti che forse vogliono andare oltre il semplice guardare un video in rete. Altro è inventarsi una storia osservando il mondo con gli occhi di un altro, o vedere i dialoghi immaginati e scritti sulla carta diventare voce e corpo.

Per cui ecco, oggi ho rimesso mano al codice. E quanto mi sono gratificata, a vedere che ancora qualcosa ne tiro fuori, ancora mi muovo, ancora riesco a ottenere quello che voglio. La verità, è che per ora voglio poco. Solo sistemare come dico io i badge nel php! Roba da niente, per chi scrive codice.

La parte più difficile è capire dove mettere fraktalia, e dove aprire il blog di fraktal.

Intanto scrivo qui. E ragiono sul perché voglio aprire un blog proprio ora, che parlare mi viene così difficile. Sarà perché invece scrivere mi viene così facile?

Anno nuovo

… vita nuova. Si dice. Ora non esageriamo.

Sto solo pensando ai cambiamenti. Mi piacciono, anzi, li cerco, ma a volte li temo. Temerli mi da carica.

Riguardo a fraktalia, sto sentendo il bisogno di modificarne la struttura. O meglio, di aggiungere alcuni tasselli, di cui prima non sentivo l’esigenza. Ho deciso di provare ad aggiungere una parte più ‘blog’. In cui scrivere non di personaggi e storie inventati, ma di me, di eventi o riflessioni legati al mio lavoro [architettura delle informazioni, creazione e progettazione di social network, format di crossing media, insegnamento], o di pensieri stimolati da quello che leggo, ascolto, vivo.

Fraktalia rimarrà, per ospitare i miei ‘divertissements’ letterari e cinematografici, e non solo.