In un giorno di pioggia

Da piccola facevo un gioco, uno di quei giochi di bimbi che vogliono provare a fare i grandi: se mi trovavo in una situazione poco piacevole, mi mettevo lì tutta convinta a cercarne gli aspetti positivi. Qualcuno ne usciva sempre, magari con una leggera forzatura, o con un piccolo ‘imbroglio’ dei tempi e dei modi.
Un gioco un po’ melenso, un po’ buonista, un po’ retorico. Forse. Però spesso funzionava… la situazione spiacevole restava, ma io la ‘reggevo’ meglio, o così mi sembrava.

Ho continuato a giocarlo, questo gioco, ma devo ammettere che ora mi risulta più difficile… in ogni caso, ci ho provato anche in questi giorni, in cui mi sono presa tanta acqua sotto una pioggia di maggio non voluta.
E ho tirato giù un elenco. Un elenco dei motivi per cui si può amare la pioggia, anche a maggio (ovviamente oltre ai più concreti motivi di utilità varia, coltivazioni, salute, vita. E, ovviamente, senza dimenticare i disagi e i disastri reali che a volte la pioggia continua porta con sé).

Allora, la pioggia è bella perché quando piove si può:

  • stare in casa al coperto guardando l’acqua cadere fuori
  • giocare a ‘chi c’è sotto l’asciugamano’ con lillicane bagnata
  • camminare a bocca aperta giocando ad acchiappare le gocce con la lingua (a volte si può anche bere, ma in città sconsiglierei…)
  • saltare nelle pozzanghere e vedere chi schizza di più
  • provare a indovinare assaggiandola se quella che scivola in bocca è una goccia di pioggia o una lacrima (le lacrime sono salate, eh!)
  • annusare l’aria per strada sentendo finalmente un odore diverso dalla puzza di smog (l’odore dell’asfalto bagnato è più buono…)
  • ballare in macchina al ritmo dei tergicristalli in azione

Vabbe’, il gioco l’ho fatto, mi è pure riuscito benino: ieri nei miei giri per Roma, bagnata fino alle mutande nonostante la mantellina impermeabilie, mi sono anche divertita. Ora però, aridatece il sole! Che’ alla fine, sono pure metereopatica, e il sole, c’è poco da fare, è più gioioso.

Ah, se vi vengono in mente altri motivi per gradire una giornata di pioggia, ditemeli che li aggiungo!

E per creare un po’ d’atmosfera, scelgo questo video dei Modena City Ramblers, le cui uniche canzoni che ascolto sono le tre interpretate dalla bella voce calda di Alberto Morselli.

Zucchine julienne a ritmo di hip hop

Quattro giorni di Live Performers Meeting, un bel palco posizionato proprio a ridosso del muro dove si apre la mia finestra dello studio, amplificatori in pompa magna ben posizionati verso l’alto, spettatori che ascoltano e commentano e ridono e cicaleggiano. Come dire: se non vuoi scendere sotto casa, puoi tranquillamente goderti lo spettacolo nella comodità della tua abitazione, volendo anche dal cesso, tanto si sente benissimo, tutto.

Ora. Che tutto ciò potrebbe anche rendere felice qualcuno, ne sono sicura, però vorrei che chiunque sia questo qualcuno, provasse tutto l’anno a vivere in un palazzo circondato dal 25% dei locali di Roma, a ricevere alle tre di notte le visite dei vicini di casa che, con la pressione a duemila, gli occhi rossi di sonno [o rabbia?], vengono da te a cercare conforto e tisane rilassanti e a comunicarti le ultime acrobazie tentate per ottenere un po’ di silenzio tanto da far dormire almeno i bimbi.
Ma lasciamo perdere, che qualcuno si provi, se desidera, gli presto la stanza, ho un fantastico divano letto, nello studio.

Dicevo, invece, sono quattro giorni che volente o nolente mi sorbetto queste perfomances sperimentali di dj-set, vj-set, food-set, turntable musician, scratchmusic, acting audio video performance ecc. ecc.
Venerdì erano varietà di grida e urla mixate con sottofondo di immagini di chi grida e urla; ieri scratchate molteplici e brusii vari, oggi verdure alla julienne disposte su lastre di plastica trasparente a tempo di musica hip hop contornate da immagini non ben definite.

Arrivati alla fine della manifestazione, io e Gio, che nonostante il lavoro da fare abbiamo optato per il motto “conosci il tuo nemico” e siamo stati ogni sera un po’ in finestra a guardare lo spettacolo, ci stiamo domandando: siamo forse diventati vecchi? Non è che noi non si ami la musica, o il vj-set, o il dj-set, o la Visual Art sperimentale, è che proprio non riusciamo a capire cosa ci sia di così interessante, nuovo, emozionante nel sentire delle urla, comprensive dell’eco dei parcheggiatori vicini, e nel vedere affettare zucchine a tempo di hip hop… che emozione dovrebbe regalare? quale senso dovrebbe far vibrare? quale acuto pensiero suscitare?
Insomma, cosa significa? Se qualcuno ce lo sa spiegare, ben venga.

Un etto di musica

Ieri sera sono stata a un concerto. Non importa, di chi fosse il concerto. Un concerto, uno qualsiasi, di una musica qualsiasi. Una bella musica, un bel concerto.

Provate a immaginare un concerto di una musica che vi piace, che vi entra dentro, che vi fa ballare, cantare, saltare.

Provate a immaginare un concerto in cui vi succede che lo stress del lavoro improvvisamente si trasforma nella batteria che da ritmo alla vostra giornata, e le pretese dei clienti diventano vignette di Bucchi, e tutti gli acciacchi fisici che vi trascinate dietro da mesi finiscono sotto le scarpe [e voi avete pure gli anfibi con la suola spessa!].

Provate a immaginare un concerto in cui man mano che la musica cresce, voi sentite, senza neanche pensarci, che chi ha scelto di non restarvi accanto, farà la sua strada altrove, e chi non vuole neanche provarci… bè, peggio per lui, non sa cosa si perde!

Provate a immaginare un concerto in cui una volta tanto chissefrega degli altri, e, diamine! vi sentite così bene, ma così bene, che FranK Capra aveva capito tutto, e la sinistra al governo presto comincerà a capire qualcosa, e voi fino adesso a prendervela così non avete capito niente!
Eddai, lo so, sto esagerando. Ma che importa? Il concerto è finito. Frank Capra fa dei film buonisti, ma per il resto meravigliosi, la sinistra non capirà mai, ma la piazza sa come farsi sentire [più o meno…], e voi qualcosa avete capito, e per capire il resto avete ancora tempo 😉

E oggi piove, qui a Roma, ma io mi porto dentro un pezzo di musica, e un etto di ottimismo in più. E visto che nonostante il mio innato buonumore, di ottimismo ne perdo a kili nel guazzabuglio della quotidianeità, anche un etto diventa una quantità di tutto rispetto.

Per cui se ieri trascinavo i miei anfibi a fatica tra le pozzanghere, ora zompetto allegramente tra una e l’altra, giocando a tratti con la fanghiglia, e cammino più veloce. Cosa non ti fa un etto di musica!