Non tacere, o vai di conversazioni dal basso

Quasi due anni fa il mio amico Fabio mi raccontava di aver conosciuto un uomo straordinario. E dato che lui, il mio amico Fabio, proprio non riesce a trattenersi dal fare un documentario su ciò che davvero gli sta a cuore, nonostante la sua professione sia tutta un’altra, ovviamente ci ha fatto un documentario. Questo:

“Non Tacere” Don Roberto Sardelli e la scuola 725 – regia di Fabio Grimaldi, produzione Blue FIlm.

non tacereUn documentario su Don Roberto Sardelli e sulla scuola 725. Attenzione, però, non è solo un documentario storico, non racconta solo come Don Roberto creò la scuola 725 nel ’68 tra i baraccati dell’Acquedotto Felice e di come questa scuole divenne un laboratorio sperimentale di vita, di cultura e di lotta per la dignità e i diritti. Racconta anche il Don Roberto di oggi, le sue continue battaglie, l’incontro con gli ex allievi della scuola e la lettera al sindaco contro i mali di Roma e del mondo.

Se volete saperne di più, non vi resta che vedere il documentario, presentato sabato 13 ottobre alle ore 17.00/20.30 presso la casa del Cinema – L.go Mastroianni 1 (Villa Borghese).

Se invece sabato 13 e domenica 14 avete altro da fare, o andate a seguire il Festival dei Blog in quel di Urbino, partecipando al Blog Award e alla “Treasure Hunt Wireless Game“, allora date un’occhiata al sito www.nontacere.org, non è la stessa cosa che vedere il documentario, ma dice tanto ugualmente ed è ricco di documenti interessanti. Magari poi viene voglia anche a voi, di non tacere!

Il materiale e l’immaginario

Non era il mio libro di testo a scuola, ma mia madre, che all’epoca non era ancora una ‘dirigente scolastica’ ma un’insegnate, lo utilizzava nelle sue classi, quindi in casa c’erano tutti e 10 i volumi dell’edizione grigia: Il materiale e l’immaginario, di Cesarani-De Federicis, Torino 1985, Loescher.

Curiosa com’ero di libri, ho cominciato a sfogliarlo già alle scuole medie, fino a farlo diventare il testo su cui ho preparato gli esami di maturità, in aggiunta a quello ‘adottato’ ufficialmente dalla mia prof. Ho sempre amato quel libro, che, a partire dai testi, metteva insieme la letteratura con l’economia, con la storia, con l’arte, con la filosofia e con tutte le scienze, dando un senso, per me a quei tempi nuovo e assai ricco, all’ossimoro del suo titolo.

BuranOra queste due parole, materiale e immaginario, troneggiano significativamente in un altro insieme di testi: Buràn, piccola rivista letteraria digitale, che, con grande opera di ricerca e traduzione, regala meraviglie da mondi lontani e spesso non visibili.
Per ascoltare voci che mordono la realtà e disegnano atmosfere.

Settembre 2007 racconta Il Conflitto, ma per chi non la conosceva, vale la pena ascoltare anche le altri voci, Il Lavoro e La Città.

Le forme del sapere nella rete

Si procede piano piano, ma si procede. Per ora noi abbiamo cominciato con l’organizzare questo incontro.
‘Noi’ saremmo gli ex studenti di Giuseppe Gigliozzi, e/o ‘collaboratori’ del CRILet, e/o gruppo di amic*. E gran parte di quello che stiamo cercando di fare, lo facciamo anche per proseguire ciò che aveva iniziato lui, e lo facciamo cercando di portarci dentro il suo ‘sorriso azzurro’ e la sua ironia. Altrimenti non riusciremmo a danzare tra proroghe e fazioni varie, saltando e spingendo come muli cocciuti per ottenere che qualcosa si smuova.

Quindi, grazie Giuseppe. In primis.

Poi. Questo incontro è una prima tappa del nostro percorso. La seconda sarà per questo inverno, e ne parlerò in seguito. Per ora, ecco il comunicato dell’incontro.

Il giorno 25 giugno 2007 alle ore 16.30 presso lÂ?aula VI della Facoltà di Scienze Umanistiche, Sapienza, Università di Roma, si svolgerà il seminario “Le forme del sapere nella rete“.

L�incontro, organizzato in rapporto alle attività del CRILet (Centro Ricerche Informatica e Letteratura), sezione del Dipartimento di Studi Filologici, Linguistici e Letterari, si pone l�obiettivo di aprire un dibattito rivolto a docenti, studenti, personale amministrativo delle facoltà umanistiche e a chiunque sia interessato alle attuali caratteristiche formali dei contenuti del web.
LÂ?incontro intende presentare due volumi appena pubblicati che analizzano lÂ?argomento e lÂ?iniziativa dell’enciclopedia libera Wikipedia.

Il primo libro di Ippolita, Luci e Ombre di Google – Futuro e Passato dell’Industria dei Metadati (Feltrinelli, 2007), racconta cosa si nasconde dietro il motore di ricerca più consultato al mondo; Ippolita è il nome collettivo che ha firmato anche il libro Open non è Free (Eleuthera, 2005) ed è un server indipendente per iniziative editoriali.

Il secondo libro di Ian H. Witten, Marco Gori, Teresa Numerico, Web Dragons: Inside the Myths of Search Engine Technology (Paperback, 2006), spiega come è possibile trovare in rete le informazioni di cui abbiamo bisogno attraverso i Â?draghiÂ? che custodiscono la biblioteca virtuale del Web. Gli autori sono Ian Witten, docente di Computer Science presso l’Università di Waikato; Marco Gori, docente di Intelligenza artificiale presso l’Università di Siena; Teresa Numerico, ricercatrice in Filosofia della Scienza presso l’Università di Salerno.

LÂ?enciclopedia collettiva Wikipedia si occupa di catalogare il sapere mondiale grazie a una serie di corrispondenti liberi sparsi in ogni nazione.

Interverranno alla presentazione:

  • Andrea Marchesini, coautore di Luci e ombre di Google
  • Teresa Numerico, coautrice di Web Dragons: Inside the Myths of Search Engine Technology
  • Frieda Brioschi, presidente del Comitato Direttivo dellÂ?associazione Wikimedia Italia, promotrice, per lÂ?Italia, del progetto dellÂ?enciclopedia libera Wikipedia

L�incontro rappresenta un�occasione di riflessione sulle iniziative editoriali innovative nate nel web e sulla mutazione delle forme del sapere che ne è derivata. Alla presentazione seguirà una tavola rotonda sul tema.

Saranno presenti:

  • Isabella Chiari, docente di Linguistica computazionale, Sapienza, Università di Roma
  • Fabio Ciotti, docente di Informatica applicata alle scienze umane, Università di Torvergata
  • Stefano Epifani, docente di Organizzazione e gestione della comunicazione interattiva, Sapienza, Università di Roma
  • Domenico Fiormonte, docente di Linguistica generale, Università Roma Tre
  • Myriam Trevisan, docente di Informatica Umanistica, Sapienza, Università di Roma

Filosofia del gioco, o gioco della filosofia?

Non amo i giochi al computer. Mi annoiano. Tranne alcuni con cui mi capita di infognarmi. Di solito sono giochi che permettono di fare senza pensare troppo. Una sorta di ginnastica mentale: distraggono il mio petulante autocontrollo, portandolo a concentrarsi sul gioco, e finalmente i miei pensieri possono fare una buona volta come gli pare e piace. Una manna, meglio della meditazione, o di altre menate simili.

Il fatto è che sono tutti giochi in cui si devono rompere delle palle. Per la gioia dei miei amici e collaboratori, che quando lo hanno scoperto si sono letteralmente sganasciati dalle risate. E certo, di professione faccio la scassa palle, e quindi perché non dovrebbe far ridere questa mia predilezione per giochi stupidini il cui solo scopo è rompere le palle?

boomshine
boomshine

Adesso, grazie a una segnalazione di Tambu [che propone di utilizzare lo stesso sistema per “rapprensetare la propagazione dei meme allÂ?interno della blogosfera”] e di Giovy, ne ho trovato un altro, Boomshine. Tralascio i dettagli, ‘che tanto sempre di rompere palle si tratta.

Solo che stavolta il gioco mi ha fregato. Non mi lascia navigare i pensieri. Me li concentra su alcuni aspetti filosofici della vita su cui avevo saggiamente deciso di non riflettere più superata la fase dell’adolescenza con le sue domande esistenziali.
Vedere che una propria, semplicissima e spesso casuale azione si porta dietro una serie di conseguenze che si espandono fino a ottenere addirittura dei risultati, è da un lato piacevole, dall’altro preoccupante.
Per non parlare del fatto che ci si incantata a vedere queste palle dai colori una volta tanto tenui, farsi grandi e poi tornare piccole fino a sparire. Morbidamente. E più che la melodia di sottofondo, comunque non malvagia, fanno un tuttuno con questa magia i suoni che emettono le palle contagiandosi una con l’altra.

Si, bello, non c’è che dire! Rilassante. Cosa che non fa mai male. Ed era pure ora che un gioco digitale facesse rilassare, invece di star lì a spingere su guadagnare punti, terminare quadri, ammazzare i nemici, arrivare primi al traguardo. La chicca del punteggio ce l’hanno messa, a dare uno scopo, una meta, una direzione, ‘che si fa più fatica ad andare alla deriva. Ma importa poco chi o come fa il record o finisce il quadro. L’esperienza è di per sé migliore del risultato.

Solo che ora sto lì a pensare a come un battito d’ali d’una farfalla in Italia può scatenare una tempesta in Cina. Oppure a come il tempo passa lasciando sempre una traccia. O ancora ai sei gradi di separazione tra me e il resto del mondo. Banalità di questo tipo.
E inoltre non riesco più a lasciar andare i pensieri, che invece mi aumentano a frotte, manco tutte quelle palle che si muovono come formiche rotolassero fino alla mia capa e lì continuassero il loro balletto. Avevo già il grillo parlante in testa, ora ci si mettono pure le formiche ballerine!