Filosofia del gioco, o gioco della filosofia?

Non amo i giochi al computer. Mi annoiano. Tranne alcuni con cui mi capita di infognarmi. Di solito sono giochi che permettono di fare senza pensare troppo. Una sorta di ginnastica mentale: distraggono il mio petulante autocontrollo, portandolo a concentrarsi sul gioco, e finalmente i miei pensieri possono fare una buona volta come gli pare e piace. Una manna, meglio della meditazione, o di altre menate simili.

Il fatto è che sono tutti giochi in cui si devono rompere delle palle. Per la gioia dei miei amici e collaboratori, che quando lo hanno scoperto si sono letteralmente sganasciati dalle risate. E certo, di professione faccio la scassa palle, e quindi perché non dovrebbe far ridere questa mia predilezione per giochi stupidini il cui solo scopo è rompere le palle?

boomshine
boomshine

Adesso, grazie a una segnalazione di Tambu [che propone di utilizzare lo stesso sistema per “rapprensetare la propagazione dei meme allÂ?interno della blogosfera”] e di Giovy, ne ho trovato un altro, Boomshine. Tralascio i dettagli, ‘che tanto sempre di rompere palle si tratta.

Solo che stavolta il gioco mi ha fregato. Non mi lascia navigare i pensieri. Me li concentra su alcuni aspetti filosofici della vita su cui avevo saggiamente deciso di non riflettere più superata la fase dell’adolescenza con le sue domande esistenziali.
Vedere che una propria, semplicissima e spesso casuale azione si porta dietro una serie di conseguenze che si espandono fino a ottenere addirittura dei risultati, è da un lato piacevole, dall’altro preoccupante.
Per non parlare del fatto che ci si incantata a vedere queste palle dai colori una volta tanto tenui, farsi grandi e poi tornare piccole fino a sparire. Morbidamente. E più che la melodia di sottofondo, comunque non malvagia, fanno un tuttuno con questa magia i suoni che emettono le palle contagiandosi una con l’altra.

Si, bello, non c’è che dire! Rilassante. Cosa che non fa mai male. Ed era pure ora che un gioco digitale facesse rilassare, invece di star lì a spingere su guadagnare punti, terminare quadri, ammazzare i nemici, arrivare primi al traguardo. La chicca del punteggio ce l’hanno messa, a dare uno scopo, una meta, una direzione, ‘che si fa più fatica ad andare alla deriva. Ma importa poco chi o come fa il record o finisce il quadro. L’esperienza è di per sé migliore del risultato.

Solo che ora sto lì a pensare a come un battito d’ali d’una farfalla in Italia può scatenare una tempesta in Cina. Oppure a come il tempo passa lasciando sempre una traccia. O ancora ai sei gradi di separazione tra me e il resto del mondo. Banalità di questo tipo.
E inoltre non riesco più a lasciar andare i pensieri, che invece mi aumentano a frotte, manco tutte quelle palle che si muovono come formiche rotolassero fino alla mia capa e lì continuassero il loro balletto. Avevo già il grillo parlante in testa, ora ci si mettono pure le formiche ballerine!

Un commento su “Filosofia del gioco, o gioco della filosofia?”

  1. Carino il gioco delle palle! l’ho provato e ho fatto un 251. Ma pensi veramente che la meditazione sia meno efficacie? Non è che te ne manca l’esperienza per praticarla con successo? Del resto anche il Dalai Lama, intervistato da Costanzo (credo 2 anni fà) dichiarò di essere un “principiante della meditazione”! Sono abbastanza rompipalle per i tuoi standard, altrimenti posso rincarare la dose. Un caro saluto
    JT

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